L’euro come elemento geopolitico nei rapporti tra Ue e Kosovo
Il recente avvicinamento del Kosovo alla prospettiva europea, con l’intenzione di ridurre l’uso del dinaro serbo come valuta, ha scatenato varie reazioni. Da un lato, le minoranze serbe presenti nel nord della regione e il governo di Belgrado si sono infuriati per questa decisione. Dall’altro lato, l’Unione Europea è rimasta perplessa, anche se non è la prima volta che un paese adotta l’euro in modo esclusivo senza farne parte.
Un esempio di ciò è il vicino Montenegro, che utilizza l’euro come valuta dal 2002 nonostante non vi siano accordi bilaterali con la Ue. Le ragioni di questa scelta sono state dettate dalla necessità di sganciarsi dal dinaro serbo per ottenere maggiore indipendenza dalle decisioni della Banca centrale serba. Questo era particolarmente importante visto il malcontento nei confronti della Banca centrale serba da parte dei movimenti indipendentisti nel Kosovo e nel Montenegro, a seguito dell’operazione militare Allied Force che ha colpito la Serbia nel 1999, causando ingenti danni alle infrastrutture e una grave crisi economica nel paese.
L’Unione Europea ha tollerato queste decisioni sia per motivi geopolitici, ovvero nel contesto di un disegno finale di integrazione di questi stati nel mosaico europeo, sia per favorire lo sviluppo economico di queste realtà che possono beneficiare di una valuta forte per combattere l’inflazione. Inoltre, l’incidenza dell’euro sull’economia europea è relativamente bassa a causa del basso PIL di questi due paesi.
Tuttavia, l’uso dell’euro da parte del Montenegro e del Kosovo è stato monitorato dalle istituzioni europee, che hanno richiesto ai due paesi di avviare un percorso di riforme volto a normalizzare le relazioni con Belgrado e aderire all’Unione Europea in futuro.
La restrizione nell’uso del dinaro serbo comporta una maggiore tensione tra le due parti e mette in luce la difficoltà della Serbia nel gestire una regione ancora considerata ribelle, ma che non ha più possibilità di far parte di Belgrado. D’altro canto, il Kosovo è ancora lontano dagli obiettivi di riforma e pacificazione dei rapporti con la Serbia, elementi essenziali per perseguire le aspirazioni europee.
Va anche ricordato che il dinaro serbo è ancora la valuta di riferimento nella parte serba del Nord del Kosovo. Inoltre, i serbi in Kosovo ricevono ancora la pensione dalla Serbia e ci sono dipendenti delle istituzioni che fanno parte del sistema serbo, come scuole, ospedali e molte banche locali, che ancora non effettuano transazioni in euro nonostante l’uso esclusivo dell’euro sia previsto dalla Costituzione del Kosovo.
Il regolamento attuativo entrato in vigore ha stabilito l’applicazione dell’euro come valuta, ma la Banca Centrale del Kosovo ha chiarito che le transazioni volontarie tra parti che utilizzano diverse valute non rientrano in questa regola. Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, ha specificato che verrà dato il tempo necessario per adeguarsi a questa decisione. Tuttavia, il governo serbo teme una riduzione degli aiuti da parte di Belgrado alla comunità serba locale, che va dalla costruzione di scuole o ambulatori fino ai sussidi. Questi elementi contribuiscono a mantenere viva la divisione tra le due parti e le comunità locali si trovano in un ambiente di sviluppo economico difficile a causa di questi nodi ancora irrisolti.
Alla vigilia del rinnovo dei suoi organi decisionali, l’Unione Europea dovrà definire quale politica adotterà nei prossimi cinque anni riguardo ai paesi balcanici che utilizzano l’euro o desiderano farlo, come la Bosnia-Erzegovina, anche se non sono membri soggetti al Patto di Stabilità e Crescita. Sarà interessante osservare quale approccio verrà assunto per affrontare queste sfide e promuovere una vera integrazione economica nella regione dei Balcani.